STORIA DELLA FONTANA MONUMENTALE DI VEGLIE

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di Antonio De Benedittis

Di seguito la Relazione preparata e letta da Antonio De Benedittis l’11 dicembre 2022 nella Chiesa della Madonna delle Grazie in occasione del 90° compleanno della Fontana. Evento ideato e realizzato dal dott. Cosimo Fai, svoltosi con la partecipazione anche di Antonio Monte, architetto ricercatore CNR-ISPC, che ha illustrato l’attività artigianale e industriale dei “Fratelli Peluso” costruttori anche della Fontana monumentale di Veglie.

Per parlare della fontana monumentale in piazza si deve necessariamente parlare dell’arrivo dell’acquedotto a Veglie perché la fontana è stata voluta e realizzata per inaugurare l’arrivo di quella che veniva definita l’acqua benefica del Sele.

I lavori dell’acquedotto erano iniziati all’inizio del secolo scorso. Nove anni di lavori, dal 1906 al 1915, furono necessari perché l’acqua arrivasse a Bari, altri 9 perché raggiungesse Foggia e12 perché raggiungesse tutto il Salento.

La costruzione della condotta principale che attraversava Veglie e i comuni limitrofi si colloca temporalmente all’interno del Ventennio durante il quale i lavori subiscono una forte accelerazione.

C’è da dire che durante questo periodo oltre all’allaccio all’acquedotto pugliese, Veglie si era dotato di altre importanti opere e di servizi frutto di civiltà e di progresso; curioso notare che il regime, quando doveva inaugurare nuove opere, faceva coincidere il giorno dell’inaugurazione con un avvenimento importante della sua storia.

Così per esempio il 23 maggio 1929, giorno in cui si apriva il dibattito al Senato per la ratifica degli accordi sottoscritti tra il Regno d’Italia e la Santa Sede, (Patti Lateranensi), viene inaugurato l’allacciamento alla rete telefonica.

 Il 28 ottobre 1929, 7° anniversario della Marcia su Roma, viene inaugurata in contemporanea la sistemazione della piazza Umberto I e l’allacciamento alla rete elettrica, ponendo fine alla illuminazione a petrolio nel paese e nelle case.

Poi il 28 ottobre 1931, 9° anniversario della Marcia su Roma, viene inaugurato l’acquedotto con conseguente graduale eliminazione delle cisterne private e dei pozzi pubblici.

E poi ancora nel 1932, in occasione del 10° anniversario della Marcia su Roma, il Governo obbliga tutti i comuni a dare il nome “Roma” alla più bella, alla più importante e alla più maestosa via di ogni paese. Per l’occasione il podestà denomina “via Roma” quel tratto di strada che congiunge la piazza principale con la chiesa di san Rocco.

Ritorniamo all’acquedotto.

Nei primi giorni  di agosto 1931 l’ing. Francesco De Pace della direzione provinciale dell’Acquedotto Pugliese di Lecce, d’intesa con il comm. Giulio Scazzeri, appaltatore del tronco che attraversava Veglie, comunica al podestà cav. Giuseppe Negro, che la diramazione esterna destinata all’alimentazione idrica dell’abitato è in fase di ultimazione e il comune di Veglie, in quanto comune più vicino al serbatoio di Sanzara, sarà il primo dei nove comuni ad essere allacciato; sollecita quindi la costruzione dello scarico delle acque in corrispondenza delle due prime fontanine che dovevano essere installate in piazzetta XXIV maggio e in Largo San Vito.

Dopo pochi giorni arriva a Veglie la notizia ufficiale che l’inaugurazione dell’acquedotto doveva avvenire mercoledì 28 ottobre 1931.

Sulle ali dell’entusiasmo il podestà prende subito contatti con la “Società F.lli Peluso – Lavori in cemento e ceramica” di Lecce commissionando la fontana riprodotta a pag. 56 del loro catalogo, ma con la vasca grande del diametro di sette metri, da collocare al centro della piazza; però dato il poco tempo a disposizione si conviene di rinviare la fornitura della fontana a dopo l’inaugurazione dell’acquedotto e intanto per il giorno dell’inaugurazione la vasca sarebbe stata costruita in forma provvisoria in creta e gesso di presa, così come stavano facendo gli altri comuni.

Il Podestà non tarderà ad accorgersi che le dimensioni della vasca avrebbero comportato un ridimensionamento della piazza vanificando lo sforzo che era stato fatto appena due anni prima per poterla sistemare e delimitare. Quindi seguendo il consiglio del suo tecnico di fiducia, ing. Cosentino, e del cav. Michele Peluso, amministratore della società omonima, si convince a far costruire la vasca di 4 metri e mezzo di diametro nello spazio compreso tra il sagrato della chiesa e il lato corto della piazza creando le condizioni per assicurare il regolare transito dei mezzi di locomozione.

Questa scelta comportava anche ulteriori benefici sia in termini di costi (visto che il bilancio del comune continuava a languire) e sia perché le dimensioni ridotte della vasca consentivano alla ditta Peluso di fornire in tempo utile la vasca in “cemento cromofribolite” senza quindi fare ricorso alla costruzione di una vasca provvisoria in creta e gesso di presa.

Nei giorni immediatamente successivi viene costruito lo scarico delle acque progettato dall’ing. Salvatore Cosentino che iniziava dalla piazzetta XXIV Maggio, attraversava  piazza Umberto I e proseguiva per l’allora via Mazzini (oggi via Vescovo Verrienti) per poi scaricare nel pozzo di largo San Vito; i lavori del costo di 10.800 lire vengono affidati ed eseguiti a tempo di record dalla ditta del comm. Scazzeri appaltatrice tra l’altro di uno dei tronchi dell’acquedotto  alla quale, non molto tempo dopo,  verranno affidati anche  i lavori di costruzione dell’edificio scolastico Marconi.

Ormai era tutto pronto per l’inaugurazione.

La mattina del 28 ottobre 1931, giorno di mercoledì, una enorme folla di curiosi è assiepata intorno alla vasca; sul sagrato della chiesa della Madonna delle Grazie prendono posto il podestà cav. Giuseppe Negro, il fratello Alessandro, segretario politico, l’onorevole Gaetano Postiglione, presidente dell’acquedotto pugliese, i maestri delle scuole elementari con i loro alunni, ed altri ancora; è presente pure la signorina Tina Parlangeli che farà da madrina mentre la benedizione viene impartita dal sacerdote  don Realino Mazzotta.

Ad un segnale convenuto, dopo i discorsi di rito, un operaio della ditta Scazzeri apre la saracinesca che era posta nelle immediate vicinanze e la benefica acqua del Sele incomincia a zampillare da un tubo posto al centro della vasca che per l’occasione era stato ricoperto da un cumolo di pietre a forma di piramide per simboleggiare la fontana che ancora non c’era.

L’inaugurazione del 28 ottobre era stata effettuata con gli allacciamenti non ancora ultimati; bisogna attendere il 16 giugno successivo per vedere l’acqua sgorgare dalle prime fontanine in piazza XXIV maggio e in largo San Vito. Altre fontanine furono installate negli anni successivi vicino al Parco delle Rimembranze, alla Pezza del cacio, in via San Biagio, in via Roma, in via V. Monti, in via Alfieri, in via Leverano, in via Salice, ecc.

È di questi giorni (14 ottobre 2022) la vicenda di una di queste fontanine che prima scompare e poi dopo pochi giorni ricompare; in merito a questa vicenda poco edificante è bene precisare che tutte le fontanine pubbliche venivano installate previa sottoscrizione di un contratto che regolava i rapporti tra i Comuni e l’EAAP. Tra i vari obblighi che i comuni erano tenuti ad osservare vi era quello previsto dall’art. 122 del R.D. 16 gennaio 1921, n. 195, tuttora in vigore, che stabilisce: “La sorveglianza   sulle   fontanine   pubbliche   spetterà   alle Amministrazioni comunali che dovranno sotto la loro responsabilità provvedere a che non siano manomesse o comunque danneggiate”.  

A buon intenditore…

Ritorniamo alla Fontana

Passata la festa il podestà riprende i contatti con la ditta Peluso per la fornitura e messa in opera del gruppo centrale nella vasca che costituiva la fontana monumentale; nello stesso tempo esprime il desiderio di presentarla alla popolazione in occasione della festa del Santo Patrono che si sarebbe celebrata nei giorni 12, 13 e 14 agosto 1932 e su questo viene accontentato,  infatti la fontana viene consegnata e montata l’8 agosto 1932 giusto in tempo per i festeggiamenti che seguirono subito dopo.

Non ci è dato di conoscere se ci sia stata una nuova inaugurazione, ma sicuramente sarà stata una festa molto diversa dalle precedenti giacché per la prima volta si poteva disporre di una piazza interamente rinnovata delle dimensioni di mt. 10 per mt. 35, posta al centro di uno spiazzo molto più vasto, illuminata con 4 lampade elettriche da 100 candele e con la fontana che zampillava acqua da tutte le parti.

Gli unici a non festeggiare saranno stati i successori di Giuseppe Mazzotta fu Luigi (1849-1931), industrioso di Veglie, deceduto proprio l’anno prima, appaltatore per oltre 30 anni del servizio di illuminazione pubblica a petrolio, i quali, con il nuovo sistema di illuminazione, venivano a perdere una fonte di guadagno considerevole che si aggirava intorno alle 900/1000 lire annue. Ciò nonostante per assecondare il desiderio del podestà addobberanno, per l’ultima volta, il frontespizio del Municipio, con 30 bicchieri con luce ad olio per tutta la durata della festa.

Niente da dire, il progresso è progresso.

CARATTERISTICHE DELLA FONTANA

La fontana monumentale è alta tre metri e si trova collocata al centro di una vasca del diametro di metri 4,50. È formata da tre vasche si tre diverse dimensioni; in quella più piccola, che è la più alta, si trova una composizione raffigurante un cigno che sembra voglia svincolarsi dall’abbraccio di due putti.

Il putto dal latino “putus”, cioè fanciullo, rappresentava Eros il dio dell’amore. Questi putti erano chiamati anche “amorini” ed erano molto apprezzati per fini squisitamente decorativi negli affreschi, in sculture, fontane e sarcofaghi.

Quando la fontana era in funzione il getto dell’acqua che fuoriusciva dal becco del cigno precipitava nella vasca sottostante e da questa poi sempre per cascata andava a finire nella seconda vasca, cioè quella centrale.

Questa seconda vasca, a sua volta, oltre all’acqua che cascava dalla prima vasca, riceveva anche l’acqua proveniente da 4 getti che fuoriuscivano dalla bocca di 4 maschere di ninfee collocate sul bordo della vasca grande. Poi sempre a cascata andava a finire nella vasca grande e da qui attraverso apposite fessure realizzate a bordo vasca confluiva nello scarico fino a raggiungere il pozzo di San Vito.

Le quattro maschere di ninfee erano state volute dal podestà in sostituzione dei quattro getti di rane previsti dal progetto Peluso.

Queste maschere, dopo il 25 luglio del 1943, furono distrutte a colpi di martello da alcuni balordi sedicenti antifascisti; simile trattamento venne riservato anche all’antico stemma di Veglie riprodotto sulla facciata del gruppo centrale rivolta verso il municipio che c’era allora, nonché ai 4 fasci littori, simboli della dittatura fascista, posizionati agli angoli del basamento, senza però arrecarvi danni considerevoli.

Complessivamente la fontana era venuta a costare 12.000 lire di cui 4.500 per la vasca grande e 7.500 per il gruppo centrale.

 

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